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PSICOLOGIA 
LA FAMIGLIA 


In psicologia con il termine "famiglia" si intende il primo ambiente in cui il singolo individuo è inserito, ambiente che permane nella maggior parte dei casi per tutta la vita. Il rapporto con i familiari contribuisce a fornire molti degli strumenti fondamentali per l’inserimento nella comunità. Il progetto educativo della famiglia richiede un’armonia dei rapporti fra i vari membri della famiglia e una crescita equilibrata delle loro personalità. Questo progetto spesso viene realizzato in modo inconsapevole, attraverso la creazione di una rete di relazioni e messaggi, che definisce le aspettative reciproche e l’identità di chi ne fa parte.

La famiglia è una vera e propria istituzione che si assume compiti educativi riguardanti la trasmissione dei valori sociali e l’integrazione dei suoi membri nella società. I conflitti tra famiglia e società e quelli tra appartenenti di una stessa famiglia possono essere affrontabili privilegiando la concezione della famiglia come “nucleo affettivo”, il cui compito principale è quello di dare amore e stabilità ai suoi membri.


Al giorno d'oggi la struttura della famiglia è molto varia. Il suo elemento base è l’unità coniugale, ovvero una coppia di individui uniti da un legame affettivo e sessuale. La struttura della famiglia è semplice quando è formata da una sola unità coniugale, che, quando è completa (con o senza figli), dà luogo ad una famiglia nucleare. Si parla invece di famiglia monoparentale quando è incompleta a causa della morte di uno dei due genitori o di separazione-divorzio. Si parla di struttura estesa quando all’unità coniugale si aggiunge la presenza di altri parenti conviventi (nonni, zii). La famiglia è considerata multipla quando è costituita da più nuclei coniugali conviventi. Attualmente si stanno delineando anche nuove tipologie di famiglia: quella di soggetti appartenenti allo stesso sesso; la famiglia di convivenza; la famiglia di secondo matrimonio.

LE PATOLOGIE DELLA FAMIGLIA CONTEMPORANEA

Il divorzio è spesso considerato un fallimento e come ogni insuccesso lascia i suoi strascichi, in modi traumatici e patologici. Il divorzio diventa un fatto sconvolgente in quanto a nessuno piace prendere atto che qualcosa in cui si è creduto non va più bene. I genitori pensano che liberarsi dal peso del matrimonio, ormai privo di senso, sia il modo migliore per essere contenti e ritrovare un proprio equilibrio. Automaticamente anche i figli saranno più sereni. Spesso però il divorzio è una rottura che, nell’ottica dei bambini, interrompe bruscamente tutti gli aspetti rassicuranti della routine familiare. È compito di entrambi i genitori spiegare al bambino cosa sta accadendo, perché un bambino può subire un impatto cumulativo, articolato in 3 fasi:
- notizia della rottura: fase contrassegnata da forti emozioni, da rabbia, stupore, paura e tristezza;

- postdivorzio: la casa, al bambino, può apparire vuota senza un genitore e può subire la situazione di malessere che coinvolge la madre. Potrà inoltre sviluppare il sentimento di sentirsi trascurato, di non essere più amato e considerato dai genitori;


- progetti sentimentali compensativi: i bambini anticipano i tempi della loro maturazione affettiva. Le carenze affettive derivanti dall’interruzione di continuità dei rapporti con i genitori spingono i bambini a cercare inconsapevolmente modi e forme di compensazione, con il rafforzarsi di rapporti amicali o confusi sentimenti sessuali.

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